Breve storia dell’evoluzione della cucina, dalla scoperta del fuoco fino alla cucina a gas, passando per l’antichità, il Medioevo e il Rinascimento.

Oggi viaggeremo nel tempo e daremo uno sguardo alla storia dell’ambiente cucina. La cucina, secondo il dizionario della lingua italiana Treccani, è definita come:
“s. f. [lat. *cocina, variante del lat. tardo coquina, der. di coquĕre «cuocere»]. – 1. a. Ambiente della casa, di una comunità, di un ristorante, di una nave, ecc., in cui si preparano e cuociono i cibi, fornito perciò degli impianti necessari a questo fine”.
In senso più ampio, possiamo definire la cucina un ambiente dove si svolgono le attività di preparazione, conservazione e cottura dei cibi.
La cucina si sviluppa fin dai tempi più antichi intorno al focolare, una conformazione che rimarrà immutata per millenni. Solo con l’arrivo degli elettrodomestici e delle cucine modulari questo ambiente cambierà in modo radicale. Oggi la cucina è forse lo spazio più importante della casa, ma non è sempre stato così.
L’ambiente cucina nell’antichità
Con la scoperta del fuoco e della possibilità di cuocere gli alimenti, l’uomo ha sentito l’esigenza di ricavare uno spazio dedicato all’attività di preparazione del cibo.
Nel neolitico si sviluppano l’agricoltura e l’allevamento e, di conseguenza, le attività legate al cibo diventano più complesse e articolate. Lo spazio destinato a tali attività trova dunque una sua collocazione e specificità. Si trattava molto probabilmente di aree all’aperto, nelle quali gli abitanti del villaggio lavoravano in comunità, accovacciati per terra. È da questa abitudine che abbiamo ereditato la pratica dei grandi banchetti e l’apprezzamento del cibo e dei tempi dei pasti. Lo spazio era caratterizzato dalla presenza di un focolare e di utensili rudimentali, come mortai, lame di metallo, vasi, urne di pietra e di argilla, cesti, tegami, piatti, brocche, setacci e pestelli per macinare. Particolare importanza veniva data ai depositi di grano, olio, birra e vino, che rappresentavano la vera ricchezza del villaggio.

Nei palazzi delle caste dominanti delle civiltà sviluppatesi in Medio Oriente, dai Babilonesi all’Antico Egitto, la preparazione del cibo, è stata gradualmente emarginata. La cucina, o le cucine, erano installate il più lontano possibile dalla vista dei proprietari, e le attività di preparazione del cibo era affidata agli schiavi. All’estremo opposto, i ceti meno abbienti dovevano accontentarsi di vivere in uno o due vani, e spesso la cucina era collocata all’aperto.
Greci e Romani
Nell’antica Grecia esisteva probabilmente una stanza per preparare le pietanze fredde, mentre la cottura di carne e pesce si faceva all’aperto, utilizzando spedi, grigie e bracieri. L’uso greco di cuocere i cibi in bracieri mobili resta popolare anche presso i romani, soprattutto in occasione dei banchetti. Questi elementi in bronzo o ferro erano disposti direttamente nel triclinium, la sala da pranzo, o nel peristilio, il cortile porticato. Nelle Domus, le dimore dei patrizi, o nelle Villæ, le residenze di campagna, la cucina era un ambiente di piccole dimensioni, relegato su un lato interno della casa e posizionato accanto alle cellæ sevorum, le stanze dei servi. Dobbiamo immaginare un semplice banco in mattoni sul quale erano posate le braci e sotto il quale, in apposite nicchie, erano stipati la legna e la paglia per alimentare il fuoco.


Erano presenti anche i calderoni, recipienti in bronzo fissati a dei treppiedi, nei quali si riscaldava l’acqua. Nelle cucine degli antichi romani esistevano già i lavelli. Si trattava di un acquaio in pietra collegato alla rete idrica o alla cisterna di raccolta dell’acqua piovana.
I mobili in legno erano pressoché inesistenti, come del resto in ogni stanza della casa, eccettuato qualche stipo. Le padelle e le teglie, in bronzo o in ferro, erano semplicemente appese alle pareti o alle travi. Gli alimenti erano conservati in contenitori di terracotta o in cesti di vimini, i liquidi in anfore o in otri di cuoio, mentre carne e pesce, essiccati o affumicati, erano appesi alle travi per proteggerli dai roditori.
In alcuni casi, come testimoniano alcuni ritrovamenti a Pompei, i contenitori in terracotta erano murati direttamente nel bancone, cosicché gli alimenti erano facilmente accessibili. Nei Thermopolium, una sorta di tavola calda, si conservava anche il ghiaccio, trasportato con grande dispendio di mezzi dai ghiacciai o dalle montagne innevate. I contenitori erano in legno con un’anima in piombo all’interno, e ricoperti di uno spesso strato di paglia. Pare che i romani fossero ghiotti di gelato, che consisteva in ghiaccio triturato insaporito con spremute e pezzi di frutta.
Evoluzione della cucina nel Medioevo, dai castelli ai palazzi
Durante il Medioevo l’ambiente cucina evolve ben poco rispetto a quello antico. L’alto Medioevo (dalla caduta dell’Impero Romano all’anno Mille) vede le Villæ romane trasformarsi in castelli o in monasteri e la cucina passa dal cortile ai sotterranei o in corpi di fabbrica separati. Il focolare è collocato spesso in un’isola centrale in pietra, alimentato con brace e attrezzato con griglie, pentole e paioli. Nelle case dei meno abbienti si trattava dell’unico ambiente disponibile, e attorno al focolare centrale si svolgevano tutte le attività: si cuciva, si preparavano e consumavano i pasti, si dormiva, soprattutto nelle notti più fredde. Visto che non esistevano le canne fumarie e le cappe, potete immaginare un ambiente fumoso e alquanto malsano.

Il basso Medioevo (dal Mille fino alla fine del Quattrocento) vede la trasformazione dei castelli in palazzi e l’affermarsi di una ricca borghesia cittadina. La necessità di organizzare frequenti banchetti e la maggiore disponibilità di alimenti e spezie fa si che l’arte culinaria diventi sempre più elaborata. Questo fattore da un impulso all’evoluzione della cucina, che si ingrandisce e arricchisce in attrezzature. Arriva anche il camino, forse l’elemento che più caratterizza la cucina fino a epoche più recenti. Spesso di grandi dimensioni, ospitava contemporaneamente il paiolo, il girarrosto e il forno per il pane, e serviva anche per riscaldare un ambiente non certo confortevole. La cucina resta nascosta ed è gestita dai servi, eccettuate brevi visite della padrona di casa, che supervisiona il menù.



Il primi mobili in legno creati appositamente per la cucina sono la madia, nella quale si stoccava la farina, e sul cui piano si impastava il pane, e il tavolo, che sostituisce le assi di legno montate su cavalletti utilizzate fino ad allora.
La cucina nel Rinascimento e i primi “chef stellati”
A partire dal Rinascimento i potenti della Terra, dal re al banchiere, utilizzano il banchetto come strumento per affermarsi. L’arte culinaria si fa via via più raffinata e i cuochi di palazzo assumono una certa importanza. Alla fine del Quattrocento viene data alle stampe l’opera De re coquinaria, scritta da Mastro Martino, il cuoco di Francesco Sforza, duca di Milano. Il volume conobbe un successo straordinario in tutta Europa e fornì le basi per il primo grande trattato di cucina, ovvero l’Opera dell’arte del cucinare (1570), scritto di Bartolomeo Scappi, cuoco delle cucine vaticane.

La necessità di apportare migliorie per aumentare l’efficienza da un ulteriore impulso all’evoluzione della cucina. Proprio dalle incisioni raccolte nell’opera dello Scappi possiamo dedurre come fossero organizzate le cucine in un grande palazzo. Mensole per riporre le stoviglie, tavoli per la lavorazione degli alimenti, piani cottura in muratura, forni per il pane, il camino con girarrosto e paioli montati su carrucole, acquai in pietra con acqua corrente, una quantità infinita di attrezzi, un cortile esterno con pozzo, la mola per affilare i coltelli e così via.
L’evoluzione della cucina in epoca moderna: le invenzioni rivoluzionarie
A partire dal Seicento la cucina compare nei dipinti dei pittori di genere, che ritraevano scene di vita quotidiana.

Spesso erano rappresentate come ambienti scuri, dimessi, popolati da sguattere malvestite intente nei compiti più umili. Una visione più poetica si può rintracciare nei dipinti di Jan Vermeer, come “La lattaia” (1660), esposta al Rijksmuseum di Amsterdam.

Nel Seicento compaiono le prime credenze (o buffet), utilizzate per conservare i servizi da tavola preziosi e per appoggiare le portate nel corso dei ricevimenti. Sono poche le novità significative introdotte nell’ambiente cucina dopo il Rinascimento, almeno fino all’arrivo della stufa a legna in ghisa.
Il “potager”
Il primo passo è l’evoluzione del piano di cottura in muratura in uso fin dai tempi dei romani, sul quale le braci erano semplicemente adagiate. Il cosiddetto potager, invece, permetteva di inserire le braci nella base, ed era sormontato da una pietra refrattaria, capace di trattenere il calore.


Si deve all’architetto belga François de Cuvilliés il vecchio, uno dei grandi maestri del Rococò bavarese, il primo tentativo di ridurre i fumi emessi dai potager. Egli realizza nel casino di caccia di Amalienburg, a Monaco, la prima stufa con un focolare chiuso, sormontata da una piastra in ferro traforata. La cucina era inoltre rivestita di piastrelle in maiolica bianche e blu.

Siamo nel 1735, ancora lontani dalla nascita e diffusione della “cucina economica”, ma già in Inghilterra si cerca di sostituire la legna, merce sempre più rara e costosa, con il carbone. Il problema è lo smaltimento dei fumi dovuti alla combustione del carbone, più nocivi di quelli prodotti dalla legna.
La cucina Rumford
La figura di Benjamin Thompson (1753-1814), noto come Conte Rumford, scienziato, inventore e riformatore, è cruciale per l’evoluzione della cucina. La cosiddetta Cucina Rumford può essere considerata la prima cucina razionalista della storia. Thompson introduce una modifica sostanziale al camino, inventando il fondo a pareti oblique, che contribuiscono a ridurre la dispersione del calore.

Thompson inventa il Rumford’s Roaster, un forno in ferro e latta dalla forma cilindrica, da incassare nella parete accanto al focolare. I “canali di fumo” permettevano alle fiamme e al calore di circondare il corpo del girarrosto, fornendo un calore costante e controllato. Una leccarda con acqua raccoglieva i succhi ed evitava che le colature bruciassero. Inoltre, l’acqua produceva vapore che, combinato con una cottura lenta e costante, permetteva di ottenere un arrosto più umido e saporito. Un sistema a vapore veniva utilizzato alla fine del processo di cottura per asciugare l’aria all’interno della teglia e dorare la carne. Il forno era riscaldato da un piccolo focolare quadrato posto direttamente alla base della parete, dove venivano bruciati carbone di legna o carbone di miniera. Le ceneri cadevano nella seconda cassetta inferiore, mentre i fumi venivano evacuati direttamente nal camino, grazie al tubo incassato.

Accanto al forno Thompson colloca la cucina, dotata di una serie di fuochi, sopra ognuno dei quali si trovava un’apertura circolare con bordi in ferro ove inserire le pentole. Il calore di ogni fuoco poteva essere regolato separatamente variando il tiraggio attraverso lo sportello del vano della cenere, e il fumo veniva portato via da canne fumarie che attraversavano la muratura fino al camino principale.
In pratica non serve più accendere un grande, unico fuoco sotto il piano cottura, bensì dei fuochi più piccoli, e solo se necessari. Ecco perché questa stufa venne chiamata “economica”: essa permetteva di risparmiare la legna o il carbone.

Nel 1834 Philo Stewart progetta una stufa compatta in ghisa a legna, la Oberlin Stove. Si trattava di una stufa da cucina in metallo sufficientemente piccola per l’uso domestico, molto più efficiente del camino o del potager, in quanto aumentava la capacità di riscaldamento e consentiva tempi di cottura record. La stufa Oberlin ebbe un enorme successo commerciale: poteva essere fusa in forme e forme decorative e resisteva facilmente agli sbalzi di temperatura dal caldo al freddo. Queste stufe in ferro si sono evolute in apparecchi di cottura specializzati, con girarrosto incorporato, canne fumarie da collegare al camino, bollitore per il riscaldamento dell’acqua.


Alla fine dell’Ottocento si diffonde, soprattutto in città, la cucina a gas, che cambia ancora una volta il modo di vivere la cucina. Non è più necessario trasportare e stipare la legna o il carbone, e neppure evacuare i fumi della combustione. Un grande passo avanti verso la cucina attuale.

Nella seconda parte: evoluzione della cucina, da locale tecnico a protagonista