Evoluzione della cucina dall’epoca vittoriana ad oggi. Da ambiente nascosto e riservato alla servitù a spazio conviviale e protagonista.

Cosa ha portato la cucina, nel corso dello scorso secolo, a trasformarsi da vano nascosto a spazio centrale? Nella prima parte ci eravamo lasciati con l’arrivo, sul finire dell’Ottocento, della stufa a gas. Questo evento svincola il focolare dal camino e sgrava le massaie dalla gestione della legna o del carbone. Stesso discorso per quanto riguarda l’avvento dell’impianto idraulico interno e delle ghiacciaie, seppure ancora senza corrente elettrica. La cucina ora può fare il salto di qualità.
La cucina vittoriana: funzionalità ed estetica
Possiamo collocare nell’epoca vittoriana, sul finire dell’Ottocento, lo sviluppo delle prime cucine progettate con attenzione alla funzionalità e all’estetica. Le nuove tecnologie, come pure le tendenze sociali e culturali hanno avuto un enorme impatto. L’esigenza di migliorare l’igiene incide sulla scelta dei materiali e degli arredi. Nasce la scienza dell’economia domestica, come dimostra il successo del libro “Mrs Beeton’s Cookery Book”, scritto da Isabelle Beeton e pubblicato nel 1861. Nel 1969 le sorelle Beecher danno alle stampe il volume “The American Woman’s Home”, corredato da progetti illustrati di cucine funzionali e ben organizzate.


FIg.2: “Elevation of kitchen wall”, illustrazione da “The American Woman’s Home” di Catharine beecher e harriet beecher stowe.
Compaiono le prime cucine rivestite di piastrelle in ceramica, che svolgono la funzione di migliorare l’igiene e l’estetica allo stesso tempo. Anche le attrezzature e i pochi mobili sono curati dal punto di vista del design, che ricalca lo stile vittoriano. Si tende a camuffare gli apparecchi con inserti e coperchi in legno. La superficie di lavoro principale era al centro della cucina, di solito un tavolo grande, pesante e robusto. Il perimetro della stanza ospitava i mobili di stoccaggio, i fornelli e il lavello. Secondo lo spazio a disposizione la cucina era affiancata da piccole stanze destinate al lavaggio delle stoviglie, alla dispensa, allo stoccaggio, alla cantina. La collocazione del locale resta tuttavia il più lontano possibile dal living, ovvero nel retro della casa o nei seminterrati, con accesso separato.
La cucina nella Belle Époque
L’epoca che va dal 1870 al 1914 viene comunemente indicata come Belle Époque. Questo è dovuto alla relativa pace tra le nazioni, al progresso tecnologico e al miglioramento delle condizioni economiche di tutte le classi, dai borghesi agli operai. Vivere in città è il sogno di molti, e l’afflusso costante di persone in cerca di fortuna provoca un boom edilizio. Le città europee e nord americane crescono e sempre più famiglie abitano in appartamenti più o meno confortevoli. In questo contesto, le cucine vittoriane sono viste come inefficienti e ingombranti. Le grandi dimensioni erano un tempo necessarie per la preparazione di cene elaborate e a più portate e per gli spostamenti della servitù. Ora il personale di servizio è sempre meno accessibile per la maggior parte delle famiglie, e la padrona di casa diventa l’unica responsabile della casa e della cucina.

L’enfasi sull’organizzazione e la pulizia, è sottolineata dalla frase “un posto per ogni cosa, e ogni cosa al suo posto”, come motto per le cucine del primo Novecento. Subentra anche il rifiuto delle sovraccariche decorazioni vittoriane, a favore di un’estetica che promuove la semplicità e la praticità. Il colore dominante è il bianco: si verniciano in bianco i mobili, si smaltano le stoviglie, si rivestono i muri, per trasmettere l’idea di igiene e pulizia. Tuttavia, questo look total white ricorda in molti casi un ambiente ospedaliero dell’epoca.

Con la riduzione delle dimensioni delle cucine, la necessità di riporre gli oggetti per massimizzare l’efficienza ha dato impulso alla produzione di mobili da cucina. Poco prima della fine del secolo, l’azienda manifatturiera Hoosier rivoluziona le cucine con le sue credenze iper funzionali, mentre ditte come Kalamazoo o Crescent lanciano sul mercato stufe super accessoriate con una combinazione di fornelli a gas, legna e carbone, forno e griglia.

La svolta negli anni Venti e Trenta
Negli anni ’20 del Novecento, i cambiamenti tecnologici e sociali influenzano l’evoluzione delle cucine, imprimendo una svolta significativa. L’elettricità e il gas naturale erano ormai presenti in molte case, soprattutto nelle zone urbane. Il personale di sevizio era meno comune rispetto al passato, quindi le casalinghe iniziavano a trascorrere molto tempo in cucina. Architetti e designer volgono la loro attenzione alla cucina, nell’intento di facilitare il lavoro delle massaie dal un lato, e di uniformare e razionalizzare lo spazio dall’altro. Si moltiplicano le pubblicazioni dedicate all’economia domestica, spesso scritte da donne e destinate alle donne di casa. Lillian Miller Gilbreth, psicologa e ingegnere americana, inventa la pattumiera a pedali, progetta l’interno dei frigoriferi e teorizza il “triangolo di lavoro”, composto da lavello, frigorifero e fornelli.
La Frankfurt Kitchen: Margarete Schütte-Lihotzky
Nel 1926, Margarete Schütte-Lihotzky, architetto e designer austriaca, allieva di Adolf Loos, partecipa al progetto New Frankfurt. Si trattava di un ambizioso programma di edilizia pubblica di stampo razionalista, al quale parteciparono anche alcuni esponenti del Bauhaus, come Walter Gropius, Adolf Meyer, Mart Stam. E proprio il progetto dell’Haus am Horn a cura del Bauhaus, di cui potete leggere in questo articolo, fornisce alla designer lo spunto per il progetto.

Margarete concepisce quella che diviene famosa come la “Frankfurt Kitchen”, uno dei primi prototipi di cucina efficiente e dal costo accessibile. Lo spazio resta rigorosamente separato dal resto della casa, ma benché di dimensioni minime, la cucina è perfettamente attrezzata e con la sua pianta a U permette di lavorare praticamente senza spostarsi. L’architetto ha utilizzato come modello la cucina di un vagone ristorante, così da riuscire a sfruttare ogni centimetro quadrato a disposizione. La cucina resta tuttavia ancora rigorosamente separata dalla casa, condannando le casalinghe al lavoro in solitudine. Per ovviare a questa situazione, l’edilizia popolare, pur prendendo a modello il concetto della Frankfurt Kitchen, apre lo spazio sul cosiddetto tinello, che fungeva da sala da pranzo e soggiorno.

La “Casa Elettrica” di Gio Ponti e la cucina di Piero Bottoni
Un altro tassello importante per l’evoluzione della cucina si può individuare nel progetto della “Casa Elettrica”. Costruita per la IV Esposizione Triennale Internazionale delle Arti Decorative ed Industriali Moderne, tenutasi a Monza nel 1930, è il primo esempio di architettura razionale in Italia. Patrocinata dalla Società Generale Italiana Edison di Elettricità, è realizzata da due membri del Gruppo 7, Luigi Figini e Gino Pollini, con la supervisione di Gio Ponti. La progettazione della cucina fu tuttavia affidata ad un architetto non appartenente al gruppo, Piero Bottoni. Costruita attorno alla figura della casalinga borghese degli anni Trenta, dinamica e impegnata, la cucina della casa elettrica mira a razionalizzare il lavoro, riducendo i movimenti inutili, senza perdere di vista estetica e design. L’architetto separa il gruppo cucina-lavello dalla sala da pranzo attraverso una parete-contenitore dotata di passa-vivande. La cucina era dotata di apparecchi elettrici come tostapane, scaldavivande, bollitore, un forno AEG, il robot della KitchenAid, spremiagrumi, macina caffè e un frigorifero di marca General Motors. La casa ebbe vita breve, visto che si trattava di uno stand espositivo, ma ebbe una grande risonanza, tanto da essere esposta due anni dopo al MoMA di New York.

Cubex, la prima cucina modulare
Nel 1930 l’architetto belga Louis-Herman De Koninck progetta il primo modello di cucina modulare. Presentato in occasione del terzo CIAM (Congresso Internazionale di Architettura Moderna) a Bruxelles, viene commercializzato con il nome Cubex dall’azienda Van de Ven. I moduli da 60 cm e il design minimalista sono attuali ancora oggi, tanto che nel 2012 è stata realizzata una versione contemporanea, in vendita presso cubex.be. Nonostante si tratti di un progetto rivoluzionario, non è stato molto considerato nella storia del design.


La “cucina del futuro” e l’integrazione con il living
Tra la fine degli anni Trenta e gli anni Cinquanta, negli Stati Uniti si apre un acceso dibattito sul tema della Cucina del Futuro. La più famosa fu sviluppata sotto la direzione di H. Creston Doner ed esposta dalla Libbey-Owens-Ford Glass Company a Toledo, Ohio, nel 1943. Questo prototipo di cucina è stato progettato in un momento in cui la fine della seconda guerra mondiale sembrava imminente. Tre modelli a grandezza naturale dotati di elettrodomestici e gadget sono stati visti da più di 1,6 milioni di persone nei grandi magazzini di tutto il paese, a partire da Macy’s a New York. La cottura veniva effettuata in vani incassati che eliminavano pentole e padelle. I pannelli scorrevoli coprivano il lavello, il piano cottura e il mixer, così da formare un lungo buffet quando non in uso, e, secondo la didascalia, “pronto per l’uso come banco di studio per i bambini o un bar per papà.”

L’integrazione dello spazio per cucinare con il living è avviata. Nasce la cosiddetta “cucina all’americana”, nella quale tutti gli elementi sono standardizzati, modulari e coordinati. Dai pensili alle basi, dagli armadietti a tutta altezza alle penisole, la cucina si sviluppa lungo le pareti, ricoprendole quasi completamente. Solo il frigorifero resta separato e indipendente, mentre il tavolo centrale diventa il centro delle attività della famiglia.

La cucina di design
In Europa l’evoluzione della cucina segue altri ritmi. Da un lato la distruzione dovuta alla guerra, e dall’altro la tipologia delle abitazioni, hanno rallentato la diffusione delle cucine moderne. Tuttavia, negli anni Sessanta l’Italia conobbe un fermento creativo, soprattutto nel campo del design, che le permise di colmare il dislivello e di dotare le case italiane di cucine moderne di tutto rispetto. Nel 1963 Arclinea propone il modello Claudia, una cucina modulare in stile americano con gli elettrodomestici, frigo compreso.

Segue il modello E5, disegnato da Marco Zanuso nel 1966, e prodotto da Elam. A differenza di Claudia, che è composta da mobili separati, la cucina di Zanuso appare come un unico blocco, con il piano in acciaio inox continuo, che include lavello e piano cottura. Nel 1968 Giancarlo Iliprandi firma Isola per l’azienda Rossana, primo modello di cucina a isola attrezzata con lavello, piano cottura e cappa.


Seguono negli anni diverse sperimentazioni sul tema della cucina, come la Minikitchen di Joe Colombo, o il wall system del modello Arnia di Vico Magistretti per Schiffini. Oggi la cucina è al centro della casa, con finiture che la integrano perfettamente al soggiorno, modulare ma personalizzabile al tempo stesso. Sono lontani i tempi in cui la cucina era relegata negli angoli più bui e remoti della casa, celata alla vista perchè rumorosa e maleodorante.