Ecco la seconda parte dell’articolo dedicato a Genova con le altre tappe irrinunciabili:
Via Garibaldi e i Palazzi dei Rolli
Dopo il centro storico e il Porto Vecchio, la terza tappa irrinunciabile è via Garibaldi, la più elegante, la più sontuosa, la meravigliosa strada dell’aristocrazia iscritta nel patrimonio UNESCO con i suoi palazzi. Qui Genova non nasconde le proprie grazie, tutt’altro: lungo l’ampio tracciato rettilineo, aperto nel 1550, si schierano le residenze prestigiose delle nobili famiglie genovesi. Un esempio di architettura sublime e di prodezza urbanistica, tanto che Pietro Paolo Rubens disegnò i palazzi della via perché diventassero un modello per i costruttori di Anversa. Sono i celebri “Palazzi dei Rolli”, un nome bizzarro che delinea, nella sua vicenda, il carattere particolare dei genovesi.

Nel 1576 il Senato della Repubblica obbligò i proprietari delle dimore aristocratiche a ospitare i personaggi di alto rango in visita alla città: il nome di ciascun palazzo veniva inserito in un “rollo”, un rotolo di carta da estrarre a sorte per designare il restio proprietario cui spettava aprire le porte all’illustre ospite. Un compito che nessun genovese assolveva con particolare trasporto…Eppure Genova deve molto alla generosità dei Duchi di Galliera, che donarono alla città due dei gioielli di via Garibaldi per trasformarli in musei: palazzo Rosso e palazzo Bianco che, assieme a palazzo Doria-Tursi, si possono visitare con un unico biglietto.

Cominciate con Palazzo Bianco, il museo della città, secondo le ultime volontà della duchessa di Galliera: percorrete le sale tra le opere di Caravaggio, Memling, Rubens, van Dyck, Filippino Lippi, Murillo, Veronese, nell’allestimento pulito e razionalista curato negli anni ’50 da Franco Albini. Gettate di tanto in tanto lo sguardo all’esterno, per ammirare i bellissimi giardini pensili all’italiana che collegano palazzo Bianco a Palazzo Doria-Tursi, l’edificio più maestoso della via, sede del municipio e parte del polo museale: vale la pena di spingersi fino alla “Sala Paganiniana” per ammirare il celebre “cannone”, ovvero il violino che il maestro volle donare alla sua città.


Completate il percorso con il Palazzo Rosso, proprio di fronte: abitato dai proprietari fino alla fine dell’Ottocento, è una casa-museo in cui si susseguono le sale con gli arredi e le decorazioni di stili diversi, dallo squisito rococò fino all’appartamento privato progettato per Caterina Marcenaro da Franco Albini negli anni ’60. Il primo piano ospita la ricca quadreria in cui spiccano i nomi di Guido Reni, Carracci, Van Dyck.

Al secondo piano nobile si sviluppa un ciclo decorativo parietale che è tra le più alte espressioni dell’arte pittorica genovese del XVII secolo: lasciatevi conquistare dai soffitti che si aprono su cieli blu attorniati da putti, dai trompe-l’oeil che invitano a varcare la soglia, dallo splendore degli stucchi dorati e degli arredi.

Il Comune di Genova organizza da qualche anno i “Rolli days”, giornate di apertura straordinaria al pubblico delle dimore iscritte nell’albo d’oro dell’UNESCO. Un appuntamento da non perdere!
Boccadasse
Prendete corso Italia, il lungomare di Genova, e incamminatevi verso levante. Da un lato splendidi palazzi e ville da togliere il fiato, dall’altro il mare, vi accompagnano lungo i due km di passeggiata. Arrivate a una chiesetta gialla che si affaccia sul mare e imboccate lo stretto viottolo lastricato di mattoni, la tipica “creuza”: ecco che appare Boccadasse, un borgo che sembra uscito dal pennello di un pittore, l’oasi dei genovesi. Boccadasse è una stretta insenatura abbracciata da alti palazzi colorati, dove il blu del mare si contrappone ai rosa, ai ciliegia, all’ocra dei muri che si appoggiano agli scogli.
Qui il mare si respira, è nell’aria, nei volti dei pescatori, sui muri scrostati dalla salsedine. E’ un mare generoso questo, ricco di pesci, molluschi, crostacei: le barche tirate in secca non devono ingannare, qui ci vivono i pescatori e alle nove del mattino sono già rientrati dopo una notte passata a tirare le reti. I gabbiani gridano e volteggiano al centro della cala, contendendosi gli scarti della pesca.

Fermatevi e assaporate l’atmosfera fuori dal tempo di questo luogo unico, magari gustando il cappuccino con la “fugassa” o sgranocchiando il pesce fritto nel cartoccio, lo sguardo perso verso il mare. Prima di ripartire arrampicatevi fino a Capo Santa Chiara: sotto al “castello” c’è una panchina che vi aspetta, la salita è ripida e bisogna riprendere il fiato prima di godersi il panorama. Sotto ci sono i Bagni Santa Chiara, una palafitta poggiata sugli scogli, dove di giorno si prende il sole e la sera si sorseggia l’aperitivo. Poi lo sguardo incontra la spiaggia di Vernazzola, una lunga striscia di ciottoli ad anfiteatro con le case colorate a far da quinta come in un teatro, prima di scivolare lontano, verso Camogli, con le Cinque Terre sullo sfondo.
Viaggio nel gusto
Il cibo a Genova è una cosa seria, che si tratti del ristorante quotato o della minuscola friggitoria; tanto seria che il pesto al mortaio sta concorrendo per ottenere la certificazione di “Patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. Pensate che il pesto ha persino il suo Campionato Mondiale, con concorrenti provenienti da tutte le parti del mondo per sfidarsi a colpi di mortaio. I genovesi hanno una serie di riti rigorosi riguardo al cibo. La giornata inizia con un bel pezzo di focaccia (la “fugassa”) inzuppata nel cappuccino o nel latte (da provare!), prosegue con una merenda a base di farinata, e finisce con l’aperitivo accompagnato da pesciolini fritti nel cartoccio.
Una vera perla per gli amanti di dolci e gelato é la pasticceria Profumo Villa, a pochi passi da via Garibaldi. E’ una delle botteghe storiche, aperta nel 1827 sotto la categoria merceologica “droghe e coloniali”. Qui ci accoglie il titolare, Marco Profumo, che ci racconta la passione e la dedizione di intere generazioni di pasticceri, la cura nella ricerca dei migliori ingredienti, dei prodotti freschi di stagione, i metodi di lavorazione per ottenere prodotti di altissima qualità. In un altro angolo della città vecchia ci imbattiamo nella Antica Tripperia Casana, un negozio che vale la visita anche solo per ammirare l’antico banco in marmo e il caratteristico forno con i pentoloni in rame e la cappa fasciata da piastrelle bianche. Qui si cuoce e si vende esclusivamente trippa dal 1890, quando, come ci racconta Franco, il proprietario, i lavoratori del porto passavano per bere il brodo di trippa all’alba per darsi la carica.

Per una sosta ristoratrice che coinvolge tutti i sensi fermatevi al Cambi Café, un’elegante sala da tè dove si possono ammirare le volte e le pareti affrescate da Bernardo Strozzi, uno dei maggiori pittori genovesi. Il locale apparteneva al duecentesco palazzo Doria ed era quasi in rovina quando venne rilevato. Nel corso dei lavori apparvero, sotto vecchie tappezzerie, i meravigliosi affreschi che rendono questo luogo unico e irrinunciabile.
Infine, concedetevi il lusso di assaggiare i fritti e la farinata della Antica Friggitoria Carega, sotto i portici di Sottoripa: qui tutto viene ancora fritto nella cucina a carbone come una volta e la farinata si cuoce nel forno a legna. Fate il pieno di pesce misto, baccalà fritto, e non mancate di assaggiare i cuculli e i frisceu, piccoli bignè di pasta di pane fritta, con o senza farcitura di verdure. Ora potete sedervi su una panchina e gustare questo fritto sublime, guardando il porto e le sue luci nella sera.
Il pesto genovese: come nasce un capolavoro
Per scoprire tutti i segreti di questa preparazione semplice ma rigorosa nella lavorazione, siamo andati a visitare un’azienda che ha una lunga tradizione nella coltivazione del basilico e che produce un pesto sublime. Ci accoglie uno dei titolari di Serre del Mare, Stefano Bruzzone, che ci accompagna nella visita delle serre: siamo a Prà, sulle alture di Genova, zona di elezione della coltivazione del basilico.
Qui le condizioni micro-climatiche sono ideali per conferire al basilico quel profumo intenso e inebriante che lo caratterizza. La famiglia di Stefano coltiva queste terre a picco sul mare dal 1827, e il suo legame con la tradizione e la passione traspaiono mentre ci spiega il processo di crescita delle piantine dalla semina alla raccolta. Dopo la visita alle serre e al laboratorio, ci aspetta una gradita sorpresa: su un tavolo sono disposti un grosso mortaio di marmo con i manici ai quattro lati, un pestello di legno e alcuni ingredienti. Stiamo per scoprire come nasce il pesto genovese al mortaio e la curiosità ha la meglio sull’appetito, risvegliato dal profumo intenso del basilico.

Per la riuscita della ricetta sono fondamentali la qualità degli ingredienti e l’abilità nel pestarli. Basilico di Prà, naturalmente, che sia fresco e con le foglie di un bel verde brillante. Poi ci vogliono i pinoli, meglio quelli bio con una bassa percentuale di resine. E poi il pecorino, il parmigiano reggiano, l’olio d’oliva extra vergine, aglio freschissimo e un pizzico di sale.
Prima si pestano i pinoli e l’aglio e si mettono da parte. Stefano è un maestro, lo si vede da come tiene il pestello e da come gira il mortaio su se stesso, aiutandosi con i manici. Si continua con una manciata di foglie di basilico, da aggiungere un po’ per volta, e un pizzico di sale grosso. Solo quando anche il basilico è ridotto a una crema, si rimettono i pinoli, l’aglio e poi un cucchiaio di pecorino, due di parmigiano reggiano, e si innaffia il tutto con l’olio d’oliva. Ecco, il pesto è pronto. Un capolavoro da gustare spalmato sulla “fugassa” o con le troffie, tipica pasta genovese.
Per saperne di più: Uffici del Turismo Visitgenoa.it
Questo articolo è stato scritto da me e pubblicato nella versione francese sulla rivista Couleur Nice. Potete leggere l’intero articolo qui.